Poesia, filosofia e le loro peripezie. Testo tedesco a fronte
Da sempre poesia e filosofia si incontrano nell’opera di Grünbein, che le chiama in causa sondandone le pieghe più intime, auscultandone i recessi più celati. Il suo discorso traccia un orizzonte possibile per quel futuro nel passato che compone l’eredità dell’Europa all’epoca della mutazione antropologica tra rinnovate ferocie, mondi immersivi e antichi valori da serbare e trasmettere. La scrittura grünbeiniana scuote certezze e mette in crisi nuovi miti e rinnovate credenze. Il suo punto di riferimento è la natura umana e il suo nume tutelare Descartes, poiché nel dubbio radicale si costituisce la moderna soggettività: dubbio che ancora oggi ci interroga e ci riguarda in quanto soggetti “supposti sapere” in un mondo che si estende dalle reti neurali programmate alla globalizzazione. «Un giorno mi venne l’idea di diventare poeta. Già allora devo aver intuito quanto fosse assurdo esprimere tale desiderio professionale. Dunque lo tenni per me. Ma non fu solo questo. Già allora presentivo che tra “io voglio…” e “essere poeta” si apriva un vuoto insormontabile, che neppure centinaia di poesie avrebbero mai potuto colmare. Per di più fin dall’inizio si aggiunse una ulteriore difficoltà. Vi si era imbattuto Pier Paolo Pasolini, regista e poeta, mentre a volte, in maniera affatto consapevole, scriveva in uno stile non poetico»