I manoscritti italiani del XVIII secolo. Un approccio genetico
"Il secolo dei Lumi e, in generale, l'Ancien Régime hanno risentito a lungo della loro ubicazione a cavallo di due grandi periodi della storia della tradizione dei testi: a monte l'epoca medievale, in cui la trasmissione manoscritta è la sola possibile; a valle l'epoca contemporanea, i secoli XIX e XX, in cui l'importanza del manoscritto risiede nel suo valore di testimonianza e autentificazione del lavoro autoriale. Lo studio dei brogliacci e delle versioni preparatorie di un testo, ma anche di quei materiali non strettamente redazionali che, tuttavia, possono contenere un testo in nuce o suscitarne la scrittura (liste di parole, estratti di lettura, appunti manoscritti, postille, o semplici disegni), permette di esplorare l'opera nel suo farsi e rappresenta la chiave prima dell'interpretazione, come ricorda giustamente Carla Riccardi e come mostra il contributo su Alfieri di Vincenza Perdichizzi. Le opere del Settecento, non diversamente da quelle dei contemporanei e dei secoli precedenti, non sono il frutto di un istante di genio, ma dello studio laborioso dei loro autori, del dialogo che hanno intrattenuto con la tradizione, di furti inconfessabili, di esitazioni, pentimenti e riscritture incessanti. La loro genesi ci offre insegnamenti non meno importanti di quelli delle loro versioni definitive..." (Dalla presentazione)
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