Ridatemi gli occhi

Ridatemi gli occhi

«'Sono rimaste solo le briciole della mia vita/ e io le raccolgo con cura giorno per giorno..." Sono due versi di una delle tante poesie del quotidiano che Calogero, nel suo lungo percorso di solitudine e sofferenza, affida alla scrittura, in cui ha trovato, in tanti anni di Laboratorio di poesia nella Casa di detenzione di Opera, una compagna consolatoria, un'amica a cui confidare sentimenti che si alternano, nostalgia, malinconia, disperazione, e nel profondo una piccola luce, la speranza, candela che nella sua pur tremula fiamma lo aiuta ad andare avanti nell'ultimo tratto di percorso. 'Ciò che mi resta per respirare e vivere/ la speranza!' [...] Il carcere, cimitero vivente, fortezza di angosce senza fine, la vita è fuori, e dentro, nelle celle, il tempo si consuma giorno dopo giorno in rimpianti, dolore, in un inutile ma comprensibile tormento per ciò che è accaduto e avrebbe potuto non accadere, per la sofferenza e le perdite causate ad altri, che come una cascata il cui scrosciare è eterno si riversano sul condannato. 'Sì, ho buttato la vita', pochi attimi e la vita non ti appartiene più, perdi i colori, la luce, perdi affetti e perdi la speranza e tutto ciò che è stato un desiderio o il sogno di un bambino, di un ragazzo, la sua futura strada nel mondo, si è perduto. 'Mi sento come se mi fossi smarrito/ in un deserto...', il viaggiatore con intorno il vuoto e nessun riferimento, nessun sentiero tracciato, nessuna voce, nessuna oasi in lontananza, e il buio si avvicina.» (dalla prefazione di Erminia Dell'Oro). Postfazione di Silvana Ceruti e Alberto Figliolia.
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