Torquato Tasso
Il particolare rapporto genio/follia in Torquato Tasso ne fa uno degli "oggetti" più preziosi per la fantasia degli artisti; così se ne occuparono Goethe e Goldoni, Baudelaire, Leopardi e Byron, Rousseau e Delacroix e ne scrisse un prezioso e documentatissimo poemetto in ottava rima il vicentino Iacopo Cabianca (solo una omonimia!). La sua condizione di poeta di corte lo costrinse in un ruolo che mal sopportava tra amori contrastati o proibiti e tormenti e scrupoli di tipo morale legati ad alcuni aspetti della sua opera, in tempi di inquisizione imperante, che lo spinsero in un vicolo cieco fino alla definitiva perdita della ragione. Cabianca ripercorre i momenti salienti della sua vita inquieta ed errabonda, descrive gli anni alla corte estense di Ferrara fino alla morte in solitudine, da carcerato, come di fatto avvenne, anche se il suo carcere fu il monastero di Sant'Onofrio a Roma e i suoi carcerieri furono i monaci.
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