Non andartene docile in quella buona notte
Un romanzo in cui Ricardo Menéndez Salmón si apre al lettore raccontando la relazione con il padre gravemente malato, l’influenza che questo ha avuto nel rapporto con il suo corpo e soprattutto con la sua scrittura. Un testo potente, riflessivo capace di scavare nelle tenebre per mettere a nudo le ferite e far luce su ciò che è importante salvare.«La lettura di Non andartene docile in quella buona notte mi ha ricordato vivamente l’esperienza di ascoltare per la prima vota il Bolero di Ravel.» – El País«Ben sapendo che la letteratura è ‘psicologia, teoria delle passioni e un requiem’, Menéndez Salmón – in piena maturità vitale – ci regala questo ‘esorcismo e incantesimo’.» – La Vanguardia«Che mistero rappresenta la scrittura, capace di collegare le cose più lontane con le più intime, zoccoli di cavalli immaginari con il respiro di un padre moribondo.»L’arte ha il potere di modificare la realtà. Con questa convinzione un figlio apre le porte al risentimento trattenuto, all’amore sconfinato, e nella navicella della sua scrittura affronta la tempesta del rapporto con il padre. La minaccia di un cuore malato, la follia dell’alcol, l’invenzione di un passato da ribelle o da agente segreto: affacciato alla finestra da cui suo padre ha contemplato il mondo per l’ultima volta, il figlio cerca una direzione per attraversare ricordi dolorosi e inspiegabili amnesie. Ma non c’è bussola né rivelazioni salvifiche, solo la forza di lasciarsi andare alle onde del tempo, a un destino collettivo evocato da libri e film amati, a una storia personale in cui riconoscere finalmente i doni e le ferite. Nel suo romanzo più intimo e autobiografico, Ricardo Menéndez Salmón viaggia fino al cuore delle tenebre e porta in salvo una nuova capacità di presenza.
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