Riso nero
John Stockton lascia il lavoro da giornalista e la sua famiglia, stanco della «vita che conduce a contar fandonie alla nazione e a gironzare per i salotti colla moglie intellettuale e romanziera». È deciso a non lasciare più tracce dietro di sé e, dopo aver viaggiato verso sud seguendo il corso del Mississippi, cambia nome in Bruce Dudley e inizia a lavorare in fabbrica. È alla ricerca di una vita diversa, libera dalle costrizioni dell'uomo borghese, per recuperare quell'innocenza che - nei suoi pensieri - l'uomo bianco ha irrimediabilmente perduto. In questa odissea di un americano qualunque, ai ricordi e alle riflessioni del narratore si uniscono gli echi della liberazione dei costumi sessuali degli anni Venti e insieme della lettura dell'"Ulisse" joyciano da parte dell'autore. Unico best seller di Sherwood Anderson quando era ancora in vita, considerato tra i suoi libri più discussi - Hemingway ne fece addirittura una parodia in "Torrenti di primavera", motivo per il quale ruppe i rapporti con la sua mentore Gertrude Stein -, "Riso nero" torna oggi in libreria nella traduzione d'autore di Cesare Pavese.