Dramma, dono, accoglienza. Antropologia e teologia dell'adozione

Dramma, dono, accoglienza. Antropologia e teologia dell'adozione

Adottare non è fare un rattoppo, ma è un modo stupendo per diventare padri e madri: è scegliere di accogliere, per grazia, come "proprio" un figlio che è stato generato da altri e poi abbandonato. L'adozione è un atto di grazia. Infatti, prima dell'adozione c'è sempre un "abbandono", anche se è difficile sapere realmente quale storia sia dietro un abbandono. Questo è il compito altissimo cui sono chiamati ogni genitore e ogni padre e madre adottivi: annunciare al figlio che nulla potrà mai separarlo dall'amore di Dio. Questo "passa" attraverso l'adozione. Adottare è ricevere dall'altro il grande dono di essere padri e madri. Adottare è accogliere, ospitare un figlio che non era più figlio. Adottare è curare nell'altro il dolore dell'abbandono, perché la fessura della sua ferita diventi spiraglio di luce. Adottare è generare l'altro ad un amore che fa rinascere, nelle piccole cose di ogni giorno. Adottare è un atto profondo di paternità e maternità, che va oltre la carne e che tuttavia passa attraverso la carne e la dedizione quotidiana. Adottare è un atto insieme di gratuità e di giustizia che "restituisce" ad un piccolo rifiutato la sua dignità filiale, perché non diventi grande nella paura, nella solitudine, nell'apatia, nell'indifferenza, ma possa crescere con l'affetto, la sollecitudine e la presenza amorevole di un padre e di una madre, e di altri fratelli, di cui potersi fidare, sentendosi accolto senza condizioni. Questo è il grande insegnamento dell'adozione, che vale per tutti i genitori, adottivi e no: ogni figlio chiede di essere adottato e amato come il "proprio" figlio. Riconoscente per questo dono, egli diventerà a sua volta capace di generare e di amare!
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