Statualità e non riconoscimento nel diritto internazionale

Statualità e non riconoscimento nel diritto internazionale

«Il presente studio ha ad oggetto il rapporto tra statualità e non riconoscimento nell'ordinamento internazionale. Esso si prefigge di accertare come si articoli tale rapporto in epoca contemporanea, rispondendo in maniera organica ad una serie di interrogativi su cui la dottrina ha fornito sinora solo risposte frammentarie. Un'indagine in materia è sollecitata dalla constatazione della realtà internazionale attuale. Da un lato, si registrano alcuni pretesi enti statuali che per motivi diversi non hanno ottenuto il riconoscimento di nessuno Stato, come il Nagorno Karabakh, il Somaliland e la Transnistria, o sono stati riconosciuti solo dallo Stato responsabile della loro creazione, come la Repubblica Turca di Cipro del Nord, e da pochissimi altri, come l'Abkhazia e l'Os-sezia del Sud. Dall'altro, si riscontrano altri pretesi Stati sul cui riconoscimento la comunità internazionale si è divisa, una parte consistente avendolo concesso e l'altra negato, come la Palestina e il Kosovo. Secondo la concezione tradizionalmente accolta della statualità, la qualità di Stato come soggetto di diritto internazionale è riservata all'ente che possieda determinati requisiti ispirati al principio di effettività, sovente identificati con quelli enunciati dall'art. 1 della Convenzione di Montevideo del 1933 sui diritti e doveri degli Stati, cioè una popolazione permanente, un territorio definito, un'autorità di governo e la capacità di entrare in relazione con gli altri Stati. Il riconoscimento non ha carattere costitutivo della soggettività internazionale dello Stato. La cosiddetta teoria dichiarativa, largamente prevalente nella dottrina contemporanea, lo configura come un atto unilaterale attraverso cui gli Stati preesistenti si limitano a constatare l'esistenza del nuovo Stato e a manifestare la volontà di intrattenere relazioni internazionali. (...)» (dall'introduzione)
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