Io perpetratore io vittima. Una prospettiva giusletteraria
Nel rievocare vicende significative, più o meno lontane nel tempo, ci si deve ormai sempre più confrontare – quale che sia l’uditorio, ma specialmente rivolgendosi a un certo pubblico giovanile ad avanzato tasso di digitalizzazione – con una sorta di effetto “telescopio rovesciato”: è diffusa la propensione ad allontanare (potremmo dire: archeologizzare) più che avvicinare quanto accaduto anche in quello che potrebbe ritenersi un passato recente. Questa tendenza è andata indubbiamente accentuandosi negli ultimi anni per effetto dell’accelerazione che le tecnologie hanno impresso ai tempi delle nostre vite. [...]. Non c’è bisogno di essere psicanalisti junghiani per cogliere una costante spinta ad allontanare dalla visuale e dalla memoria il lato oscuro, l’‘ombra’, che si nasconde dentro l’animo di ognuno (singolo individuo o popolo) e che, anche solo immaginato nell’‘altro’, perturba e inquieta. Si tratta di un meccanismo che priva di autenticità le nostre vite e che contribuisce a distanziarle artificialmente da quelle dei nostri simili e dalla nostra stessa umanità, visto che, come osservava lo scrittore Iosif Brodskij, è nelle difficoltà o «in piena disperazione», che la vita ci «sta parlando nell’unico linguaggio che realmente conosce». […]. Sono […] le narrazioni a poter offrire una tra le possibili ‘chiavi’ di reale comprensione e avvicinamento delle vicende di disumanità che la Storia ci ha tramandato (e, forse, a immunizzare dalla coazione a ripetere il meccanismo della distanza)”. (Dalla Prefazione di Gabrio Forti) In questa prospettiva, il volume si prefigge la finalità di tentare di ridurre la distanza da due eventi, tra loro non relazionati, che hanno contribuito a determinare la tragicità del Novecento, la Shoah e l’esodo giuliano-dalmata, relativamente ai quali il popolo italiano ha assunto nel primo caso la veste di perpetratore, nel secondo quella di vittima. Costruire una memoria corretta e condivisa su questi eventi può contribuire a porre le basi per una comunità fondata sulla giustizia.
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