Beni di interesse pubblico e contenuto della proprietà
«L'autore di questa monografia nel momento stesso in cui ha assunto l'iniziativa di predisporre la ristampa avverte l'opportunità di precisare i motivi di tale iniziativa e quindi la chiave della sua (per così dire) rigenerazione e ciò anche allo scopo di escludere ogni ulteriore equivoco nella eventuale consultazione. Il convincimento sopraggiunto della ristampa non poggia sull'intento di rinverdire l'attenzione sulla tesi ricostruttiva proposta a suo tempo e ciò non perché a distanza di cinquanta anni siano sorti dubbi circa la serietà della relativa prospettazione, al contrario perché sotto questo profilo la riveri-fica cui si è proceduto non ha per niente allarmato l'autore specialmente se raffrontata a quanto si è poi consolidato successivamente con il ritorno ormai al diritto di proprietà nella sua "stabile" configurazione del codice civile del 1942. Si può dire che il diritto terribile sia il riflesso della terribile storia degli anni '60-'70, anni di impostazione e pubblicazione della monografia che si ristampa (l'edizione è del 1971). A tal proposito è sufficiente ravvivare il ricordo che la terribile (e forse preoccupante) nozione di "funzione sociale" (art. 42 Cost.) suggeriva l'accoglimento (al massimo) della teoria tedesca della espropriazione larvata, della tesi, peraltro sostenuta anche dalla Corte Costituzionale, secondo cui la quantificazione dell'indennità di esproprio venisse rapportata al massimo sacrificio che la società potesse sopportare, ecc. Del resto la "indulgenza plenaria" adottata dalla stessa Corte non consigliava configurazioni giuridiche di maggior tono "rivoluzionario" come in alcuni settori si sosteneva (ma ciò più avanti). Mentre la configurazione ristrutturante sostenuta a suo tempo finiva per proiettare i suoi riflessi anche sui confini estremi dell'esercizio del diritto di proprietà come ad es. sugli atti di emulazione.» (Dalla Prefazione)
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