Don Juan Vivas de Cañamas. Da ambasciatore spagnolo in Genova a viceré del Regno di Sardegna
Quella del nobile valenzano Juan Vivas de Cañamás (1581-1625) è una biografia emblematica di quello che Cervantes definiva il «secolo di ferro». Ricoprì la carica di ambasciatore spagnolo presso la Repubblica di Genova (1600-1623), allora vero e proprio crocevia della politica europea, dove seguì tutte le complesse operazioni finanziarie delle banche liguri sul debito pubblico spagnolo, e si adoperò per scongiurare l'alleanza tra il duca di Savoia e la Francia e per reprimere i moti antispagnoli genovesi. Allo scoppio della Guerra dei Trent'anni seguì le fasi dell'occupazione spagnola della Valtellina, camino decisivo per i collegamenti tra l'Italia e le Fiandre. Nel 1622 chiese la nomina a viceré del Regno di Sardegna: la sua carica si innestava nel nuovo corso del conte-duca di Olivares. A Cagliari si mostrò un fedele esecutore di quella politica "assolutista" tesa a comprimere le istanze particolaristiche locali. Lo scontro tra il viceré e i ceti privilegiati sardi si verificò nel Parlamento del 1624, quando Vivas in contrasto con gli ordini cetuali volle far approvare l'istituzione della flotta delle galere e dei provvedimenti antibaronali nell'agricoltura. La nobiltà cagliaritana inviò a Madrid numerosi memoriali tesi a screditare la politica autoritaria del viceré. Egli tuttavia, utilizzando le contrapposizioni campanilistiche, riuscì a far approvare i provvedimenti. Le inchieste amministrative a suo carico lo scagionarono da ogni addebito, ma solo dopo la morte di Vivas avvenuta a Sassari nel 1625. Negli ultimi mesi del suo viceregno predispose un piano di difesa militare della Sardegna da un possibile attacco della flotta francese.