Spazio urbano e gerarchie territoriali. L'amministrazione locale nella Sicilia borbonica tra riforme e rivoluzioni
Lo studio si propone di chiarire quali meccanismi abbiano agito all'interno della dimensione municipale nella Sicilia borbonica nel trentennio che va dalla riforma dell'amministrazione civile del 1817 allo scoppio della rivoluzione del '48, attraverso l'analisi delle dinamiche inerenti al governo del territorio e dei poteri periferici che concretamente lo esercitavano. Le classi dirigenti locali, ridisegnate dal nuovo assetto amministrativo, trovarono all'interno dell'apparato burocratico adeguate possibilità di promozione sociale, che, combinate con la strategia borbonica di dismissione dei vecchi istituti feudali, condussero al consolidamento di un attivo ceto notabilare. Tuttavia, l'esaurimento della spinta riformista, associato alle crescenti ambizioni delle élites locali, fomentò un acceso dibattito, in cui la richiesta di riforme politiche si sovrapponeva alla rivendicazione, più circoscritta, ma non meno centrale, delle coartate libertà municipali, limitate dalla rigida subordinazione burocratica dei comuni alla rigorosa supervisione dell'intendente, figura centrale all'interno del nuovo ordinamento amministrativo. Il vaglio critico dell'ampia documentazione edita - dalla memorialistica alla stampa periodica, dagli atti parlamentari alla cospicua produzione legislativa - ha consentito di svolgere l'indagine sulla base di un doppio registro: quello (locale) delle prassi, e quello (centrale) del dibattito che si svolse nelle aule del General Parlamento del '48, dove continuò a riproporsi, quasi immutata rispetto al passato regime, quella sfiancante dialettica oppositiva tra centro e periferia.