Creare relazioni autentiche. Nutrire il cuore con i frutti dell'albero della gentilezza
Gentilezza non significa dire sempre sì, non è semplice buona educazione, non vuol dire diventare una persona della quale poi gli altri si approfittano. Per noi gentilezza vuol dire trattare bene e, irrinunciabilmente, trattarsi bene. Alto è il rischio però di cadere nei conosciuti stereotipi comuni all'uso della parola gentilezza. Eccoci allora impegnati ad approfondire questo tema, offrendo una visione ben lontana da quegli stereotipi. Impegnati a cercare di lenire quella sottile o spessa sofferenza che ciascuno di noi, almeno una volta nella vita ha provato: quella di essere ignorato, negato, non considerato, spesso non ascoltato, mortificato, a qualche livello, in qualche dimensione che sia personale o professionale. A noi interessa il prendersi cura della relazione. La cura delle relazioni quotidiane, quelle che occupano i nostri spazi affettivi in qualunque dimensione come partner, amico, collega, capo, insegnante, medico semplicemente essere umano in contatto con altri essere umani. Contro gli abusi di potere, la prevaricazione, l'arroganza e la prepotenza. Contro le posizioni non simmetriche che sembrano legittimare il non considerare l'altro, quello in posizione subalterna, ignorandolo, negandolo, non rispondendo alle sue richieste, alle sue sollecitazioni. Che questo avvenga nella coppia, nella famiglia, nella scuola, nell'azienda, in ospedale, in qualunque organizzazione l'essere umano rischi di perdere la sua dignità di persona. Contributi di: Mauro Bologna, Giulia Cerrone, Franco Cracolici, Giorgio Fabbri, Massimo Mori, Renato Palma, Gianni Spulcioni, Maurizio Vanzini, Alfredo Zuppiroli.