L' Italia e la questione mediorientale (1947-1953)
La fine della seconda guerra mondiale vide un forte impegno della diplomazia italiana per conservare all'Italia parte delle colonie africane. Ma gli esiti negativi di tale azione finirono per produrre nell'opinione pubblica un forte risentimento verso i vincitori e nei confronti della stessa classe politica nazionale. La "vocazione mediterranea" dell'Italia diveniva ben presto un ricordo, anche se la diplomazia italiana, nel corso della prima legislatura repubblicana, si impegnò a preservare le relazioni con il mondo arabo, tuttavia incontrando una decisa ostilità di Gran Bretagna e Francia. Con l'estendersi della guerra fredda in Medio Oriente e la nascita dei nazionalismi arabi, l'Italia diveniva una pedina fondamentale del Patto atlantico nel mar Mediterraneo, ma nulla di più. La nascita dello Stato di Israele si inseriva in questo nuovo contesto internazionale, mentre l'Italia era in gravi condizioni economiche, traversata da un duro scontro politico interno. L'iniziale atteggiamento italiano, di distacco nei confronti dello Stato ebraico, privilegiava i consolidati rapporti con il mondo arabo, mentre Israele, impegnato a stringere relazioni globali, considerava l'Italia, in ragione della sua posizione strategica, un importante partner politico ed economico. Negli anni Cinquanta venivano definitivamente a cadere le ambizioni italiane nel Mediterraneo, e Israele, dopo la vittoria sugli arabi nella guerra del 1948-'49, raggiungeva un solido ancoraggio nel Medio Oriente. Si scioglieva così l'ambiguità italiana, e ciò favorì una più stretta collaborazione tra le due nazioni, che si sarebbe sviluppata infine sotto l'egida degli Stati Uniti d'America.