Monumenti e centri storici nella stagione della grande guerra
Il volume traccia una sintesi delle vicende, sin qui poco o per nulla indagate, che hanno interessato il patrimonio edilizio-monumentale italiano nella stagione della Prima guerra mondiale: dalla grande campagna di protezione dei monumenti più importanti ma al tempo stesso più esposti al rischio di rovina - campagna coordinata dal ministero della Pubblica istruzione e portata a termine dalle soprintendenze dell'Italia settentrionale -, ai danni provocati dai bombardamenti e dai lunghi periodi d'abbandono che ne sono seguiti, sino alle opere di ricostruzione che, in vario modo, si sono compiute. Ne esce un quadro molto articolato, contrassegnato in primo luogo da un uso politico della pratica del restauro dei monumenti; pratica orientata all'affermazione di un pervasivo processo d'italianizzazione delle terre irredente (con interventi di vera e propria censura nei confronti di quelle contaminazioni stilistiche, che nei territori del Friuli e del Trentino si consideravano "forme importate") e di affermazione di continuità con il passato nelle terre liberate (continuità perlopiù resa nei linguaggi adottati negli edifici ricostruiti praticamente ex novo, specie in area Veneta). Diversamente da quanto accadde nell'imponente cantiere di ricostruzione che seguì il secondo dopoguerra, queste procedure riparative (in molti casi favorite dalla presenza di danni facilmente sanabili) di fatto non misero in discussione l'apparato teorico e pratico del restauro.