Percorsi della modernità in Occidente. Una riflessione sociologica
La nascita e il primo sviluppo dell'economia mondiale segnati dalla scoperta del Nuovo Mondo, la Riforma protestante partita da Wittemberg con le 95 tesi di Martin Lutero, la rivoluzione scientifica innestata da Galileo Galilei. Sono i tre momenti che, coscienti o meno ne fossero i protagonisti, aprono definitivamente le porte, fra i secoli XVI e XVII alla modernità occidentale. Da qui si dipana la strada che, malgrado i numerosi ostacoli posti prima dalla tradizione e poi dalla sfida roussoviana, marxiana e marxista, sfocia nel nostro secolo, quando la sinergia fra globalizzazione e individualismo dispiegato crea un oceano profondo entro il quale rischiano di annegare se non lo hanno già fatto, tanto lo stato-nazione quanto i legami sociali (famiglia, reti di vicinato, comunità civiche, appartenenze nazionali) quanto le identità, compresa quella sessuale, ereditate dal passato. Naturalmente tutto ciò può essere salutato come una liberazione dagli antichi vincoli che per millenni hanno impedito la genuina espressione del sé, o come la definitiva sottomissione di miliardi di individui all'impersonalità del capitale e delle grandi organizzazioni for profit, ma ciò che interessa qui è soprattutto l'analisi degli snodi che hanno condotto la modernità occidentale ai suoi controversi esiti attuali, e delle sfide che hanno cercato di deviarne gli sviluppi nel nome della sottomissione dell'individuo alla "volontà generale".
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