L'architettura penitenziaria oltre il muro. Nuovi punti di contratto tra la casa di reclusione Due Palazzi e la città di Padova
Il punto di partenza che ha attivato l'interesse dell'architettura per il carcere è propriamente di tipo spaziale. Il tema del sovraffollamento è quello che più evidentemente esprime lo stato di crisi, sia in termini di immagini che di immaginazione, anche visto da fuori. I dati non lasciano possibilità interpretative: a fronte di una capienza complessiva delle strutture italiane di 45.647 posti, i detenuti sono 65.831. Quello del sovraffollamento degli istituti di pena è il tema che più fortemente permette di misurare la distanza e la mancanza di linearità tra evidenza del problema e conseguenza della soluzione: l'equazione "mancanza di spazio uguale costruzione di più carceri", non è risolvibile. Lucia Castellano, ex-direttrice del carcere di Bollate, dichiara che il problema del sovraffollamento delle carceri si risolve "aprendo le porte". Avere più spazio significherebbe semplicemente riempirlo e trovarsi al punto di partenza. Il problema va affrontato dunque non sul fronte delle quantità, ma componendo un orizzonte qualitativo della struttura carceraria che, avvicinando il "dentro" e il "fuori", aprendo le porte appunto, lo definisca quale istituto di rieducazione e di reinserimento. Ed è qui che inizia la sfida per il pensiero architettonico.
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