Viandanti e naviganti
Educare alla lentezza non è una trovata snob. Né un modo per sospingere le nuove generazioni a soccombere in un mondo dominato dalla febbre spasmodica della competizione. E una strada perché l'uomo possa, nella misura possibile, non ridursi alla schiavitù, all'essere un funzionario degli apparati tecnologici che pretendono di organizzare la vita del mondo. E la forma umana di resistenza alla dittatura della velocità, che marcia (anzi: corre) a braccetto con il consumismo, che ordina che tutto debba essere presto consumato e sostituito da un nuovo prodotto, che deve immediatamente diventare obsoleto anch'esso, e così via... Sicché, oltre alle merci, si finisce con il consumare velocemente anche idee, emozioni, senti menti. Ed anche la vita quotidiana ne risulta alterata: la fretta si è impadronita di noi; andiamo sempre di corsa, anche quando non ce n'è alcun bisogno. Ma perché? E per andare dove? Rallentare diviene, allora, una necessità per la sopravvivenza. Del pianeta e di tutti i suoi abitanti. Per tornare ad assaporare la vita. Per offrire alle nuove generazioni la prospetti va di un cammino umano. Per usare bene le nuove tecnologie, che non sono un accidente diabolico intervenuto a scompaginare il cammino dell'uomo, nel quale la tecnica è stata sempre presente. Solo che adesso si sviluppano in modo più rapido ed invasivo del passato, instaurando nuove modalità di relazioni tra le persone, producendo modificazioni nel modo di pensare, di agire, di vivere...
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