E chiamavano me assassino. Stanley Ketchel, il più grande dei selvaggi del ring e altre storie
Stanley Ketchel non sapeva né il suo cognome d'arte (con una o due elle?) né chi fosse il suo vero padre. La boxe gli ha dato più di una certezza: è stato campione del mondo dei medi; è stato soprannominato l'"Assassino"; ha sfiorato il titolo dei massimi. Per alcuni è stato addirittura il miglior peso medio di tutti i tempi. La vita, oltre alle incertezze, gli ha buttato in faccia anche molte delusioni, troppi dolori, una morte violenta a soli 24 anni. Stanley è riuscito a non essere fortunato anche dopo la morte. Per l'eredità suo fratello ha ucciso il suo presunto padre. Questo libro racconta dunque una storia di violenza, e di sofferenza estrema. Come lo sono spesso quelle di chi sale sul ring per conquistare una dignità che la vita quotidiana non è in grado di assicurare. Stanley è uno dei tanti pugili che hanno pagato tutto. Non era un assassino, ma neanche un buono, non è stato né vittima né colpevole. E solo la boxe ha saputo farlo esprimere.
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