Morte allo stadio
Wilma e Settimio sono due nonni perbene. Vivono in campagna poco lontano da San Prospero, paesone di frontiera tra Reggio e Parma dove gli uccelli e il vento sono muti e sordi. Sbigottiti dal folle urlo dello Stato sovrano della Via Emilia, che nei pochi chilometri attorno alla conca dell'Enza pare concedere voce ad altri solo se locomotive sulla Milano Bologna o puttane sulle rive del fiume. Quando il loro bimbo, Massimo, scompare da casa, Wilma e Settimio chiedono a Corrado Grisendi, il giornalista di Videoparma, di andare a Chi l'ha visto. Grisendi li tratta male e poi se ne pente; Massimo torna a casa e tutto sembra finire bene. Ma in agguato c'é il mondo a parte di ragazzi scritti nell¿acqua, senza riferimenti, senza volontá di essere qualcuno da soli, senza prospettive se non per qualcosa. Un mondo capace di trasformare futili motivi in imperativi assoluti, di lasciare sul selciato il corpo di Massimo con il cranio fracassato. Per aiutare i nonni, giá piegati dalle sofferenze della vita, a Grisendi non basteranno le regole del giornalismo. In guerra perenne con l¿ulcera, con le telefonate indesiderate, con i poteri forti che alitano nell¿ombra, dovrà affidarsi di notte ai severi insegnamenti della Luna, discutere al tramonto con i campi di rotoballe e credere nel monito della quercia Settimio: "Ci giriamo intorno, ma prima o poi ci arriviamo tutti. Un giorno si presenta qualcuno che cambia le cose, anche se te non lo vuoi e non te l'aspetti. E te non puoi stare lì a guardare e basta: te devi decidere se dargli la tua vita o tenertela. Io e la Wilma siamo pronti a dare la vita per Massimo. Ma non siamo stupidi. Se lo ricordi".
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