Navigatori a vista
In un paesaggio che è solo topografia di macchine, ragionato e continuo catasto di veicoli, dove i sentimenti fuggono e svolano neghittosi, l'odore forte della poesia dilaga ancora: non è vero che ci resta solo strisciare nel filiforme nulla, lasciando che ci artigli e maciulli il senso di vuoto imperante. Un altro modo di essere è possibile, un altro mondo si può intravedere nel "fiume di cadaveri e veline", in quelle folle spaventevoli inghiottite sottoterra da fornaci elettriche, in quegli ammassi di automi semiumani che mareggiano nelle strade grigie davanti ai negozi. Tommaso Putignano si risveglia impaurito dall'incubo catatonico della postmodernità e avverte in maniera ineludibile il bisogno di costruirsi un nome e un'identità credibili, e a poco a poco gli pare di cominciare a intendere una diversa verità: la città dell'anima emerge dalle quinte di un'altra storia, recitata a forza di stupore e di disincanto, di semplicità e di radicale complessità.
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