L'altra faccia dell'angelo
Che cosa potrebbe accadere se un magistrato pianificasse per tempo la sua entrata in politica (ad esempio in un'Italia divenuta Repubblica presidenziale) e, grazie alle inchieste condotte, prima eliminasse eventuali futuri avversari e poi cercasse di monetizzare, elettoralmente, la fama conquistata? L'uso strumentale della giustizia non rappresenterebbe la fine della democrazia? Una simile ipotesi è da considerare veramente fantapolitica o, vista anche l'esperienza degli ultimi anni, la naturale estensione dell'azione dei magistrati sempre più affascinati dalla notorietà e dal desiderio dell'autoaffermazione? Il romanzo, basato sullo studio psicologico delle personalità più ricorrenti tra politici e magistrati, tenta una risposta a questa domande, la principale delle quali rimane: una giustizia strumento d'azione politica è ancora giustizia?
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