Einstein 1905. Dall'etere ai quanti
Nel 1905, in poco più di sei mesi, un oscuro impiegato dell'ufficio Brevetti di Berna riscrisse le leggi della fisica durante il tempo libero. "Se ho visto più lontano, è avvenuto salendo sulle spalle dei giganti che mi hanno preceduto". Questa affermazione, tadizionalmente attribuita a Newton, conviene altrettanto bene, se non meglio, ad Albert Einstein di cui, a un secolo di distanza, Françoise Balibar ricostruisce la grande rivoluzione concettuale. Continuatore di una tradizione intellettuale, quella della fisica moderna inaugurata da Galilei, i suoi contributi innovatori avevano solide premesse nella fisica classica di Newton, Maxwell, Lorentz. In quello che è passato alla storia come 'annus mirabilis', Einstein pose le basi per una ristrutturazione radicale della conoscenza del mondo. Senza utilizzare matematica sofisticata o evidenze puramente sperimentali, Einstein presentò argomentazioni e conclusioni eleganti basate sull'intuizione fisica con le quali sconvolse la nostra visione dello spazio e del tempo, mostrò che la luce può essere allo stesso tempo onda e corpuscolo, e indicò la via per dimostrare le realtà degli atomi, che molti fisici dell'epoca ancora mettevano in discussione. Per fare questo dovette spezzare via uno dei capisaldi della scienza ottocentesca: il concetto di etere. L'autrice analizza in particolare tre dei cinque articoli del 1905: "Un punto di vista euristico concernente la produzione e la trasformazione della luce", "Elettrodinamica dei corpi in movimento" e "L'inerzia di un corpo dipende dal suo contenuto di energia?", nei quali Einstein tenta di rispondere a una domanda fondamentale che aveva attraversato tutta la fisica dell'Ottocento: 'che cos'è la luce?'
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