Il canto del capro

Il canto del capro

Una generazione di giovani intellettuali, al passaggio cruciale della fine degli anni Venti, vede degradarsi e svanire inesorabilmente le illusioni suscitate dalla Rivoluzione. Pietroburgo, che presto diventerà Leningrado, è lo scenario in cui i personaggi vivono le loro ambizioni, i loro amori, gli slanci velleitari, il disordine e il grigiore quotidiano, consapevoli che i margini di libertà si restringono sempre di più, mentre scende sulla società la cappa del conformismo, preludio al sistema dogmatico dell'èra staliniana. La rappresentazione è grottesca e paradossale, tra realtà e surrealtà, sempre intonata su un sottile umorismo dell'assurdo. Ma il romanzo punta assai oltre, trascendendo la cronaca realistica in una messinscena atemporale della volgarità: le persone, le loro azioni, i sentimenti, i riti sociali - tutto rivela agli occhi implacabili di Vaghinov la dimensione bassa, angusta in cui si svolgono le vicende umane. Il grande critico russo Bachtin vide prendere corpo in questa parodia la sua teoria della satira come visione carnevalesca del mondo dove ogni significato si rovescia in una buffonesca trasgressione delle regole. Sottesa al romanzo un'inquieta nostalgia, così che il canto del capro (capro espiatorio di una illogica macchina mondiale) si rivela un canto di esilio.
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