Dead man walking. La mia voce dal braccio della morte
Internato nel braccio della morte, in Texas, in questo scioccante e commovente diario Gene Hathorn mescola i ricordi della vita passata con la desolante visione del presente carcerario, alternando prosa lirica e saggio critico. Dal buio del non detto vengono alla luce verità terribili sulle condizioni dei detenuti nella Polunsky Unit: fra cibo spazzatura, religione quale meschino strumento di controllo, guardie che per puro sadismo cospargono spray urticante sui prigionieri, innocenti e malati di mente mandati alla gogna senza alcuna pietà, spesso la vittima e il carnefice si somigliano troppo per essere l'uno il giudice dell'altra. Per non parlare della Giustizia, macchina che produce compromessi e denaro, in cui avvocati d'accusa e difesa s'accordano per assicurare allo Stato la perorazione della pena capitale. E, in mezzo a tutto questo, l'autore non vuole discolparsi del crimine commesso: solo mostrare l'ipocrisia di un mondo corrotto in cui buoni e cattivi esistono per fini politici piuttosto che morali poiché, alla possibilità del pentimento per gli internati, si preferisce spogliarli della loro umanità, come farfalle che, private dell'involucro, come nude larve sono destinate a perire.