Uneasy rider. Sulle strade dell'altra America
"Get your kicks on Route 66", diceva una canzone di successo del rock'n'roll anni Cinquanta. Le grandi autostrade americane, con i loro spazi sconfinati, le distanze siderali e la varietà quasi infinita di tipologie umane che vi si possono incontrare purché si abbia benzina a sufficienza e si tengano gli occhi aperti, hanno sempre ispirato musicisti e scrittori a creare diari di viaggio e di sentimenti che sono entrati a fare parte di una vera e propria epica popolare. Mike Bryan è l'ultimo cantore di questa epica, ultimo e definitivo: scegliendo di viaggiare verso la cultura delle autostrade, dentro questa cultura "con la macchina migliore che mi potevo permettere", Bryan compila un diario di viaggio puntiglioso ed esaustivo quanto una delle cartine stradali Rand McNally che ama consultare alla ricerca di un punto fermo geografico e dell'anima che la sua vita di pendolare fra New York e il Texas non gli concede. Bryan si mette in viaggio attraversando il Texas e il New Mexico fino all'Arizona per raggiungere Los Angeles, la destinazione finale di tutti i grandi viaggiatori della tradizione americana, e nel tragitto incontra squarci di un'umanità variegata e bizzarra che ha fatto delle autostrade la propria dimora e, in certi casi, la propria fonte di reddito. Allevatori di serpenti, camionisti, poliziotti della Stradale, doganieri, autostoppisti, asfaltatori e visionari assortiti: Bryan li cerca e li interroga uno per uno, ascoltando le loro storie con pazienza e attenzione, apprendendo i loro segreti e vivendo per alcune ore la loro vita per scoprire qual è il fascino e il senso ultimo del viaggiare sulle grandi autostrade. Attento ed erudito, divagando fra Steinbeck e l'Amleto, Bryan ascolta con lo stesso desiderio di imparare l'ennesimo predicatore, con la sua nuova teoria sull'assassinio Kennedy, e il grande scrittore Cormac McCarthy.
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