L'ultimo tempo. Racconto corale di generazioni in declino
C'è un'idea al centro di queste righe. L'idea di seguire i percorsi che la memoria compie in ciascuno di noi e gli effetti che il meccanismo del ricordo suscita nell'attore e nel suo pubblico. L'atto stesso di richiamare alla mente episodi, sensazioni e abitudini del passato ha di per sé una valenza catartica: serve cioè a fare i conti con gli stessi avvenimenti oggetto del racconto. La scelta dei vecchi è così la naturale conseguenza di questa idea. Il loro patrimonio di ricordi è, per ovvie ragioni, il più complesso e consistente fra tutti quelli disponibili. Nel nostro immaginario chi racconta storie è un vecchio; che ha storie da raccontare e che vale la pena di stare a sentire. Qui dentro ci sono i vecchi e i loro ricordi. E ci sono i vecchi che hanno accettato di parlare di sé o di altri senza autocensura né manierismi di facciata. A questo effetto, come si fa per qualsiasi farmaco, è stata opposta un'avvertenza. Anche nelle storie più difficili, gli stessi protagonisti hanno fatto lo sforzo di ridurre all'osso i fatti e di tenere da parte tutto ciò che ritenevano superfluo. E neppure colpi di scena o finali imprevisti, perché non è un'opera di immaginazione, solo il racconto di esistenze ordinarie.