Al Polo australe in velocipide

Al Polo australe in velocipide

Alla magica e irrefrenabile penna di Emilio Salgari dobbiamo - come tutti sanno - innumerevoli romanzi, ambientati nei più diversi angoli del mondo, scenari emblematici dell'eterna lotta tra l'uomo e la natura. Forse non tra i testi più noti, ma di certo non tra i meno interessanti è "Al Polo Australe in velocipede" (edito da Paravia nel 1895), primo tassello di una sorta di mosaico dedicato ai poli, e insieme straordinario incunabolo di quella "fantascienza futuristica" che sull'esempio di Jules Verne troverà appunto in Salgari uno dei massimi cantori. Notevole è in questo scritto il rapporto originale instaurato tra la tecnica (rappresentata dalla bicicletta) e la forza umana, tra l'intelligenza e la natura, tra i valori dunque con cui da sempre si confronta lo sport moderno. A metà strada tra avventura e sport, il testo salgariano segue perfettamente il sentiero tracciato dalla collana "La corsa di Atalanta", ora al suo secondo volume, nuovamente dedicata all'indagine di terre di frontiera, ingiustamente rimaste in ombra. Con "Al Polo Australe in velocipede" Salgari - che da sempre aveva apprezzato e praticato diverse discipline agonistiche - si poneva dunque al centro di un ampio dibattito culturale e sportivo, ancora incerto e confuso, sul modo migliore di coniugare la tradizione e la modernità attraverso imprese e sfide memorabili. Una puntuale Introduzione di Sergio Giuntini, uno dei massimi esperti italiani di storia dello sport, pur collocandolo all'interno della cultura del suo tempo, invita a rileggere questo romanzo con occhi nuovi, proponendo originali interpretazioni, a partire da un sorprendente e serrato confronto tra Che Guevara e alcuni eroi salgariani. A rafforzare questo inserimento vengono proposte in appendice le "Corrispondenze di viaggio", del 1895, inviate dal milanese Raffaele Gatti al foglio "La Bicicletta" e lì pubblicate, nello stesso anno, con il titolo "Al Circolo Polare Artico in bicicletta": un documento eccezionale e finora sconosciuto, probabilmente la fonte più prossima del testo salgariano qui proposto.
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