«La mia fortuna non s'arrestò qui». Italo Svevo e le occorrenze del successo
Come si misura la fortuna letteraria? Italo Svevo nutriva la speranza di essere accolto favorevolmente dalla critica e di riscuotere un largo successo di pubblico, ma i capricci del destino già si prefigurano nel percorso arzigogolato della sua scrittura. Con i saggi presentati in questo volume, dove ebraismo e umorismo sono le assi portanti del discorso critico, Barbara Sturmar mira a scandagliare alcuni aspetti del Caso Svevo, ribadendo il potenziale analitico che il riconoscimento dell'identità giudaica getta sullo scrittore. Attraverso la maschera claudicante dello schlemiel, l'accostamento tra Zeno e Charlot, le facoltà deflagratorie del riso, le analisi sul trattamento della Coscienza di Zeno di Giorgio Strehler e l'accurata regia di Mauro Bolognini, che portò Senilità sul grande schermo, si prova a rispondere al quesito iniziale. La fortuna sveviana è a tutt'oggi inarrestabile, l'ossimorico "silenzio eloquente" del Profilo autobiografico è stato definitivamente rettificato dal fragore inequivocabile degli applausi. I lettori, assecondando i desideri del letterato triestino, si rispecchiano nel guazzabuglio dell'individualità profondamente umana dei suoi personaggi: non una mera imitazione dell'imperfezione, ma la fertile consapevolezza dell'incompiutezza e allo stesso tempo un tentativo di perfettibilità, intesa quale percorso di ricerca e di vita, dove il successo è l'aspirazione alla conservazione dell'originalità esistenziale.
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