Dal radicalismo borghese al socialismo operaista. Dai congressi della Confederazione Operaia Lombarda a quelli del partito Operaio Italiano (1881-1890)
Nel 1882 prendeva vita a Milano il Partito Operaio Italiano. Nel volume il lettore trova documentata, attraverso le biografie di circa 300 fra i suoi militanti, la vita di una forza organizzata che arrivò ad avere tra i 30.000 e i 60.000 affiliati, un centinaio di sezioni impiantate per lo più nel Nord Italia, e un settimanale - Il Fascio operaio - diffuso in 2.000-3.000 copie, con punte di 10.000. Con il POI a Milano e gli scioperi degli anni Ottanta dell'Ottocento il movimento operaio italiano partecipa a un ciclo di lotte operaie di cui è possibile cogliere un connotato europeo, con gli scioperi tra i docker di Londra, i minatori in Renania, nella Saar, in Sassonia. Ma la coscienza di classe non riuscì ad andare oltre il carattere puramente "economico". Il terreno "teorico" visto come un fardello era il limite che imprigionava questi infaticabili uomini pratici, di ferrea fedeltà alla causa, ma bruciati dall'esperienza dottrinaria dei mazziniani e degli anarchici. Ciò che mancò al movimento operaio italiano fu il "Che fare?", ossia teoria, strategia e militanza rivoluzionaria che potessero bilanciare o far fare un salto politico all'economicismo.
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