Francesca e Nunziata. Un film di Lina Wertmuller
Quando ricevetti il manoscritto di "Francesca e Nunziata" si chiamava ancora "Ottocento Vesuviano". Mi fu recapitato con un bigliettino e una pastiera. Era stato preceduto da una telefonata: la voce era simpaticissima, sembrava quella di mia zia Peppina riemersa dai ricordi della mia infanzia. La pastiera era buona ma io, sempre sommersa da manoscritti, soggetti, romanzi, sceneggiature da leggere, al telefono fui sbrigativa: "il suo manoscritto lo dia perduto; se troverò il tempo lo leggerò, può anche darsi però che non lo trovi e vada perduto... insomma faccia conto di buttarlo in un pozzo. Comunque, se crede, me lo lasci. Ma se preferisce, glielo rimando..." Coraggiosamente Maria lo lasciò. Molto tempo dopo seppi che era stato suo nipote Domenico a spingerla a inviarlo a me, lei da sola non l'avrebbe mai fatto. Poi il caso e la fortuna vollero che lo leggessi. Beh, ne fui incantata. L'inizio era bello, di buona lettura: "Francesca era nata su una di quelle alture della costa amalfitana dove la terra precipita e dirupa in un cielo capovolto che, nelle notti serene, le luci delle lampare fanno stellato. Il mare visto da lassù è irragiungibile, in un pozzo di luce l'azzurra trasparenza, così lontana, sospesa e senza suoni, è irreale e segreta come una favola...".(Dall'Introduzione di Lina Wertmuller)
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