Borghesia violenta
Studenti di medicina prossimi alla laurea, figli di magistrati o di politici, enfant prodige del cinema italiano. Sono tutti giovani promettenti i "bravi ragazzi" del terrorismo italiano, ventenni eleganti, dalle facce pulite, dotati di buona retorica ma baciati dalla morte, che a cavallo tra gli anni '70 e '80, chi per puro caso o per adesione ideologica, chi per ribellarsi all'autorità paterna o per rispondere a una violenza subita, finiscono per dare avvio allo "spontaneismo armato", per fondare gruppi e movimenti extraparlamentari, realizzare attentati, sequestri e rapine. Ventura e Barra ripercorrono, con una narrazione letteraria e cinematografica più che storica, le parabole politiche ed esistenziali dei "figli ribelli" della borghesia italiana, insospettabili autori di un sogno eversivo che si tradurrà , la maggior parte delle volte, in tragedia. I militanti di Avanguardia Operaia, poi Giusva Fioravanti e Alessandro Alibrandi, tra i fondatori dei Nar, e così Marco Donat-Cattin, leader di spicco di Prima Linea, sono loro i protagonisti, rivoluzionari e borghesi, di questa stagione all'insegna della rabbia e del piombo: ad accomunare tutti, "rossi" e "neri", è infatti una violenza cieca, redentrice per alcuni, nichilista per altri, divenuta all'improvviso l'unico strumento a disposizione per distruggere l'avversario politico e ribaltare l'ordine costituito.
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