Il profitto e la cura. La sostenibilità e le voci che non abbiamo ascoltato
Le teorie degli "inascoltati" puntavano a un altro genere di profitto, un profitto collettivo che aveva (e ha) a che fare con la giustizia sociale, con l'ecologia, con la prudenza, con la tutela del bene comune e con la volontà di evitare alcune grandi catastrofi...«L'intima logica del capitalismo – scriverà poi Laura Conti – confligge ormai apertamente con i limiti naturali che l'agricoltura non può valicare.» Lo diceva più di quarant'anni fa, e durante questi quattro decenni quei limiti abbiamo continuato a ignorarli.Nel corso dei secoli il mondo della produzione alimentare ha fatto di tutto per adeguarsi ai modelli industriali, cercando di soddisfare le esigenze del mercato e trascurando quelle della natura. Nella scelta tra profitto e sostenibilità ha sempre vinto il profitto, a livello produttivo, a livello organizzativo e a livello normativo. Oggi che questo sistema mostra in molti modi tutta la sua pericolosità e le sue debolezze, ci avviamo alla cosiddetta "transizione ecologica". Avremmo potuto farlo prima? Certo, se avessimo dato ascolto alle voci "dissonanti" che da tanti ambiti - poesia, letteratura, scienza, filosofia, attivismo – chiedevano, anche in tempi non sospetti, rispetto per le risorse, per gli equilibri naturali, per il benessere di tutti. Sono tanti gli autori che oggi potrebbero dire "io lo avevo detto!": è il momento di rendere loro omaggio e di rileggere i loro scritti con una nuova attenzione. Dalla Bibbia a Marx, da Giorgio Caproni a Laura Conti, da D.H. Lawrence a Rachel Carson, da Jean Jono a Carol Anne Duffy, le tante voci del passato e del presente che la globalizzazione della politica e della produzione non ha saputo e voluto ascoltare, in un libro che prova a riannodare i fili di una consapevolezza che oggi può essere di grande aiuto.