L'Aquila. Non si uccide così anche una città?
A cento anni dal terremoto di Reggio Calabria e Messina, il 6 aprile 2009 un evento distruttivo colpisce un capoluogo di regione. Sul destino dell'Aquila, il governo, già nelle prime ore dal disastro, prende una decisione che crea molte perplessità: non vi sarà il ricovero in abitazioni temporanee per i 50 mila rimasti senza un tetto. La parola d'ordine è dalla tenda alla casa; la soluzione scelta è il Progetto C.A.S.E.: abitazioni nuove per i cittadini dell'Aquila, distribuite in venti insediamenti intorno al capoluogo. Edifici semiprefabbricati, "durevoli", ecosostenibili, sismicamente isolati. Tutto il resto - il ripristino delle funzioni istituzionali e amministrative, il recupero del centro storico, la ricerca di un nuovo assetto urbanistico - è stato accantonato. La conseguenza è lo sconvolgimento dei complessi equilibri di una città e di una comunità condannate alla regressione. Alcuni esperti che animano uno dei comitati sorti per aprire un confronto con gli abitanti e gli amministratori locali hanno messo in fila tutti i dati disponibili, dimostrando come la soluzione adottata si rivela inefficace e straordinariamente onerosa. Ma soprattutto rende definitiva la perdita dei caratteri propri della città dell'Aquila.
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