Nei limiti della materia. Hobbes e Boyle: materialismo epistemologico, filosofia corpuscolare e «dio corporeo»
Lungi dall'essere intesa come il fondamento dell'autosufficienza ontologica della scienza (come accade nei veri materialismi metafisici che si svilupperanno successivamente), la materia rappresenta per Thomas Hobbes e Robert Boyle il principio che rivela - e costringe a definire rigorosamente i limiti che strutturalmente circoscrivono le possibilità sia della conoscenza scientifica sia dell'azione efficace dell'uomo (che non può operare immediatamente sulla natura se non per il tramite delle qualità primarie o meccaniche). La riflessione dispiegata nella Logica e nella Philosophia prima del De corpore nega la stessa esistenza della nozione di "sostanza" delle ontologie antiche e moderne (accettata anche dagli scettici, sia pure per contestarne la conoscibilità), e ad essa sostituisce la complessa nozione di "corpo" - objectum o existens - definibile in funzione della mente, come qualcosa che "non dipende dalla mente" stessa, e che "sembra sia collocato e supposto in uno spazio immaginario, in modo tale che non con i sensi, bensì con la ragione soltanto si intende che c'è qualcosa". Ancora più chiaramente la "filosofia corpuscolare" di Boyle si configura come una "filosofia del limite", poiché è in grado di rappresentare la natura insuperabilmente relativa della conoscenza umana, rivela l'esistenza di una dimensione "soprarazionale", e ammette l'inconoscibilità sia della "natura del corpo in generale" sia della interazione fra lo spirito e la materia.
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