Cella 2455, braccio della morte
Il primo romanzo di Caryl Chessman, scritto clandestinamente dalla cella con l'aiuto del suo legale e la compiacenza di alcuni secondini, è un'opera cruda e sconvolgente, un vero classico riscoperto. La lunga ballata di un condannato a morte diventa lo spunto per una riflessione lucida sulla pena capitale e la sua follia. La storia di Chessman è un caso esemplare, ma quello che la rende straordinaria è la qualità dell'uomo, la sua forza morale e l'assoluta determinazione. Un esempio per altri detenuti in cerca di vera redenzione. Edward Bunker lo citò più volte come suo maestro e indicò nel loro incontro a San Quintino la vera ispirazione della sua futura carriera di scrittore. Ma chi era Caryl Chessman? Alla fine degli anni Quaranta un misterioso criminale gettò nello sgomento e nel terrore la città di Los Angeles; l'uomo agiva di notte, aggrediva le giovani coppie che si appartavano in auto nelle zone periferiche, rapinava i ragazzi e poi costringeva le ragazze a seguirlo. Spesso usava loro violenza. Il suo marchio di fabbrica era l'uso di un'uniforme della polizia e di una torcia con la quale, dopo avere raggiunto l'auto delle coppie, proiettava una forte luce rossa, rassicurante perché associata a quella delle forze dell'ordine. Da qui nacque la leggenda del "bandito della luce rossa", che commise una trentina di delitti prima che la polizia di Los Angeles riuscisse a catturarlo. O meglio, a catturare un giovane sbandato che sulla base di alcune incerte testimonianze la polizia assicurò essere il colpevole. Il suo nome era Caryl Chessman. Processato sotto gli occhi dell'intero Paese, venne condannato a morte e trasferito nello speciale braccio del carcere di San Quintino. Chessman riuscì a ottenere una lunga serie di rinvii dell'esecuzione, con ricorsi al governatore e alla Corte Suprema in cui dimostrava la propria innocenza. "Cella 2455" è il più importante dei quattro romanzi autobiografici che Chessman scrisse in carcere, nonostante il veto posto dall'autorità giudiziaria, un romanzo sulle spaventose e angosciose condizioni di un condannato a morte, il primo testo di genere. Un libro che, negli anni Sessanta, ebbe una diffusione mondiale e un notevole successo di critica e di pubblico (più di dieci edizioni in Italia, milioni di copie in tutto il pianeta). E divenne un'arma nelle mani degli "abolizionisti" della pena capitale, per dimostrare che, se anche fosse stato lui il "bandito della luce rossa", il Chessman di dieci anni dopo era "un altro uomo, al di là di ogni ragionevole dubbio".Quando nel gennaio 1948 fu catturato dalla polizia di Los Angeles, Caryl Chessman era un ventisettenne spiantato che aveva trascorso metà della sua vita in carcere. La sua battaglia contro la sentenza capitale, durata dodici anni, suscitò una fortissima ondata emotiva e sensibilizzò l'opinione pubblica sul problema. Chessman proclamò fino all'ultimo la sua innocenza e disse di conoscere il nome del vero colpevole, che non avrebbe svelato per tutelare i suoi cari. Nel 2007 il nome potrebbe essere svelato.