Prigione ebraica. Umori e meditazioni di un testimone (La)
La prigione di cui parla in questo saggio Jean Daniel è quella che gli Ebrei si sono costruita dal momento che hanno confuso, anche nel senso letterale di fondere insieme, mito e storia, religione e politica. È una 'confusione' che riguarda gli Ebrei della diaspora e quelli d'Israele e che costituisce l'origine e la causa della loro condizione conflittuale. Che cosa significa oggi essere Ebrei quando non si crede nell'Elezione, nell'Alleanza e neanche in Dio? È il dilemma che affronta Daniel, rifacendosi alla domanda che per primo si era posta un grande pensatore dissidente come Spinoza, ma alla quale il momento storico, dopo la Shoah e l'evolversi dello Stato israeliano in seguito alla guerra del 1967, sembra assegnare una drammatica attualità. Insieme a una diversa configurazione, perlomeno, agli occhi di coloro, molti, che avevano salutato con entusiasmo la nascita della nuova nazione. Da vittima per eccellenza a oppressore 'teologico'. È un'evoluzione che lo scrittore stigmatizza e analizza, seguendo quasi un percorso a ritroso, rilevando, nell'acuirsi del conflitto israelo-palestinese odierno e nel risorgere di un violento antisemitismo, i segni di un malessere che ha origini lontane e ha finito per incarcerare sia gli Ebrei che i suoi secolari e nuovi nemici. Ebreo non credente ma affascinato dai miti biblici e dal loro influsso storico-culturale, Daniel ci dà una testimonianza appassionata ma razionalmente decisa di una condizione storico-esistenziale che non cessa di coinvolgere l'umanità intera, sia per la profondità metafisica del pensiero, sia perché la dimensione carceraria non riguarda soltanto il fideismo ebraico ma qualsiasi comunità, setta o 'centrismo' che si chiuda in se stesso ed escluda gli altri. Accolto in Francia da accese controversie come da entusiastici consensi, il saggio non vuole tanto aprire nuove prospettive di dibattito quanto fornire dall'interno una chiave esplicativa e meditativa su una contraddizione esistenziale, filosofica e politica satura di tragedia.