Hippopotamus
"Non vi aspettavate certo che uno stronzo come me riuscisse a raccontarvi una storia coerente. L'unica cosa che mi riesce è far funzionare questa stupida macchina. Ho contato le parole che ho scritto - cosa che faccio più o meno ogni ora - e, se ci possiamo fidare della tecnologia, sembra che ne abbiate davanti 94.536. Buona fortuna. Me l'avete chiesto, mi avete pagato per farlo e ora la palla passa a voi. Come disse qualcuno: ho sofferto per la mia arte; adesso è il vostro turno." Ted Wallace, irresistibile protagonista di "Hippopotamus", butta le carte in tavola fin dall'inizio. Lo fa con la sincerità provocatoria tipica dei poeti come lui, abituati a bilanciare il vuoto biancore di una pagina con il ripetuto e vigoroso ricorso al pieno di un bicchiere di whisky. O a riscaldare quella strana macchina che è ormai la sua mente, brodo primordiale dove friggono pensieri vanamente libidinosi, con lo scoppiettio di una vita che è un'infinita giostra di incontri, un susseguirsi di fughe da amori finiti, di figli scordati, libri mai scritti, nobili ideali solennemente assunti e regolarmente traditi. Così, per rispondere all'ennesimo fallimento, vale a dire l'inverecondo licenziamento dal giornale dove scribacchia banalità, Ted s'imbarca in questo stralunato soggiorno a Svvafford Hall, la splendida proprietà del suo vecchio amico Lord Logan, che già da quando era un ragazzetto senza un penny aveva capito che diventare miliardari non è difficile. Basta solo volerlo davvero e non desiderare altro. Lanciato in una missione speciale dove le cose più semplici da fronteggiare sono i miracoli quotidiani, mentre le più enigmatiche si presentano col volto e le voci delle vecchie e nuove conoscenze ospitate a Swafford Hall, Ted Wallace sfoggia tutta la sua sfolgorante grazia di pachiderma e il suo innato talento di geniale ubriacone per condurci in una vicenda piena di mirabolanti trovate e indimenticabili personaggi, scandita da uno zigzagante avvitarsi di sorprese. Quello che ne esce è un romanzo dal ritmo imprevedibile, illuminato dai riverberi di un'intelligenza saettante, dove ogni pagina è un dono spalmato di succosa comicità.