Vita nova di Pinocchio (La)
Di divagazioni e capricci su Pinocchio, se ne trovano innumerevoli, in filosofia, in letteratura, nel mondo dello spettacolo: dal filosofo Fazio Allmayer a Giorgio Manganelli, da Walt Disney a Carmelo Bene. E alla fine degli anni Sessanta, Luigi Compagnone, scrittore napoletano ingiustamente dimenticato, dedicò al burattino toscano, da lui definito "umile hidalgo di legno di un'italietta ipocrita" ma anche "mio fratello di sempre" , ben due libri. Il primo (1966) era un "Commento alla vita di Pinocchio", con cui l'autore ispirandosi fin dal titolo a un celebre saggio su Don Chisciotte, instaurava un paragone eroico, liberava il personaggio dal suo limbo infantile e ne ribaltava la forza simbolica. Il secondo (1971) "La vita nova di Pinocchio" era un vero e proprio romanzo, dove le sue avventure venivano riscritte e messe a confronto con eventi e miti di tutti i tempi, da Giona a Medea, da Marx a Freud, dall'arca di Noè ai Lager, dal fascismo alla mafia; con una fantasia e una vis satirica che gli anni non hanno intaccato, bensì corroborato, venendo a confermare le acri previsioni dello scrittore. Per questo ripubblicare, in un volume unico, il saggio e il romanzo, seguendo una proposta suggerita da Geno Pampaloni, il grande critico che prima degli altri ne ha apprezzato il valore, significa restituire ai lettori un'opera insolita, che coniuga la sapienza interpretativa alla visionarietà narrativa e trasforma l'arguzia toscana in sulfurei sberleffi partenopei; lasciando trasparire tutta la rabbia, la passione, il turbamento e la pietà di Compagnone verso una società tutta da giudicare e una Storia tutta da riscrivere. Davvero lo spirito satirico e la fantasmagorica inventiva dello scrittore napoletano meritano di essere riscoperti per la loro sorprendente attualità.
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