Cortile a Cleopatra

Cortile a Cleopatra

"Cortile a Cleopatra" è il libro che ha rivelato Fausta Cialente al pubblico più vasto e che il grande critico Emilio Cerchi definì "una delle più belle opere narrative italiane" di quegli anni. Siamo nel 1953, e da allora il romanzo, nato e pubblicato nel 1936, è stato più volte riproposto e ha incantato generazioni di lettori. Poi improvvisamente il silenzio, quando ancora era in vita la scrittrice, morta a novantasei anni in Inghilterra. Come scrivevo nel precedente libro, "Ballata levantina"- che insieme a questo costituisce il dittico dedicato ad Alessandria d'Egitto, la città cantata da Kavafis, descritta da Forster e raccontata da Lawrence Durrell come città mitica e crogiolo di "etnie" e di religioni- la scrittrice schiva e appartata, sempre altrove rispetto ai luoghi dove si costruisce la fortuna letteraria, è stata sentita come una presenza casuale nella vita culturale italiana contemporanea, quella che contava allora, come fosse una collezionista di dagherrotipi su rimembranze cosmopolite e su cronache familiari. Oggi però, una nuova generazione di lettori e di studiosi è convinta che la Cialente sia una delle voci più importanti del nostro Novecento e che l'inattualità di ieri costituisca la ragione di uno sguardo equivoco, simile a quello che si getta casualmente su alcune foto ingiallite, screziate di pena, perché fermano senza restituzione qualcosa che è irrimediabilmente perduto. C'è anche questo nella esoticità familiare della scrittrice, ma è secondario, è lo sfondo naturale su cui proiettare i suoi personaggi e le loro solitudini. Come in questo capolavoro. Cleopatra è un sobborgo di Alessandria: qui, in un cortile circondato di casupole corrose dal vento e dal salmastro, vive una variopinta dolorosa umanità, in pace sostanzialmente, nonostante la diversità religiosa ed etnica, ancorché straziata dalla difficoltà di vivere, tra le penurie, le invidie, le rivalità e le gelosie che si coagulano intorno alla figura di Marco; il bel Marco, un po' ribelle, un po' sognatore, un po' fannullone, antesignano di tanti protagonisti dell'esistenzialismo francese. Sarà lui, con il suo comportamento innocente ed egoista, a far scattare la catarsi del dramma, sotto il sole tropicale, nel brulichio di colori, di profumi, di luci e di ombre lunghe. Come in Conrad. Ed è proprio il nome di Conrad che Emilio Cecchi scelse come riferimento quando, mezzo secolo fa, presentò la nuova edizione di questo romanzo.A testimonianza di un percorso di lettura che si rinnova generazionalmente, abbiamo riproposto l'introduzione a "Ballata levantina" di Franco Cordelli, che in realtà è uno sguardo contemporaneo e particolare alla scrittrice e al suo ruolo e, in appendice, la nota entusiasta di uno dei più grandi interpreti della cultura letteraria del Novecento non solo italiana.
Prodotto fuori catalogo

Recensione del libro fornita da lottavo.it

Di Valentina Di Cesare

A rileggere adesso i libri della Cialente, (il suo esordio avvenne nel 1930 col romanzo Natalia), ci si rende conto di quante cose siano mutate rispetto al nostro presente, ma nel contempo scorrendo le sue pagine e, in particolare soffermandoci su quelle del cosiddetto periodo di ispirazione levantina o ciclo egiziano, ascrivibili ai romanzi Cortile a Cleopatra...

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