Lula il presidente dei poveri. Un ex operaio alla guida del Brasile
Dopo la trionfale vittoria alle elezioni del 2002, il suo insediamento trasformato in festa nazionale, la consacrazione mondiale del suo progetto politico a Porto Alegre, Luiz Inácio da Silva detto Lula viene da tutti riconosciuto come l''uomo nuovo' della sinistra sudamericana, una sorta di Che Guevara del Terzo millennio che si batte con le armi della politica per riscattare i diritti e i torti subiti da milioni di brasiliani. Ma dietro il clamore e gli entusiasmi dell'ultima ora si celano due verità - sull'uomo Lula e il suo Paese - che bisognerebbe conoscere per comprendere meglio la complessa realtà di quel ricco, allegro, sensuale e disperato 'continente' che è il Brasile. Un territorio pari a trenta volte quello italiano, dove lo 0,5 per cento della popolazione detiene il 53 per cento della ricchezza nazionale e 44 milioni di persone vivono con meno di un dollaro al giorno. Eppure la terra della samba ha le risorse naturali, agricole ed energetiche per diventare una potenza economica del Sudamerica e questo Lula lo sa. Lo sa per la sua formazione di sindacalista, glielo confermano le sue amicizie, da Frei Betto, giornalista-domenicano-teologo della liberazione, all'economista Celso Furtado, al leader dei Sem Terra, Joao Pedro Stédile. Ma, soprattutto, gliel'ha insegnato la vita di figlio del popolo e della sua miseria, gli stenti da emigrato del Nord-est che non ha mai dimenticato e da cui nasce l''ossessione' di giustizia che lo anima. "Se alla scadenza del mio mandato, ogni brasiliano potrà mangiare tre volte al giorno, io avrò portato a compimento la missione della mia vita." Questo è l'uomo Lula. Ed è per ciò che la gente lo ama, lo sente uno di loro, e non un burocrate al servizio dei potentati economici. La sfida che lo attende è di quelle epocali. Ma ci sono parecchi se. Se riuscirà a portare a termine il suo programma 'Fame Zero' unitamente a una colossale distribuzione della terra incolta al milioni di contadini nullatenenti, se rianimerà il mercato interno incentivando i piccoli produttori grazie al microcredíto e a una politica che agevoli il settore agro-industriale, e se, d'altra parte, riuscirà a sottrarre il Brasile alla longa manus del protezionismo Usa e del trattato Alca, facendo fronte al pesante debito col Fondo monetario internazionale, allora, al di là dello slogan, non un altro mondo ma un Brasile diverso sarà davvero possibile.