Commentarioli in Ibyn Ovidii

Commentarioli in Ibyn Ovidii

"L'Ibis" di Ovidio è un testo breve, cattivo, dettato dall'odio contro l'innominato artefice dell'esilio che ha colpito il poeta, un concentrato di maledizioni ricavate da miti spesso rari, evocati con linguaggio criptico. Si tratta di un'opera perfetta per il gusto erudito della stagione umanistica inaugurata da Domizio Calderini, non solo per la rarità del sinistro libello e per la consonanza col clima violento delle dispute fra umanisti, ma soprattutto perché l'obscuritas ovidiana permette al giovane docente dello Studium romano di brillare quale commentatore specializzato nel sollevare la cortina di buio che avvolge gli scritti dei classici ignoti alle età anteriori. Nati in seguito a un corso universitario, i "Commentarioli in Ibyn" vengono stampati nel 1474 con la dedica al potente Falcone Sinibaldi, e si rivolgono al pubblico degli addetti ai lavori, invitati a fornire il loro contributo con l'apporto di nuove fonti, quasi in gara con il formidabile corredo di auctoritates esibite da Calderini, che sottolinea in particolare il ricorso al patrimonio della cultura greca da poco recuperata. I nomi di Apollodoro, Licofrone, Pausania, Strabone e Apollonio Rodio costituiscono la più squisita prelibatezza di un commento allestito con chiaro intento autopromozionale e con l'entusiasmo pionieristico di chi rivendica una novità di metodo, per quanto praticato in modo incerto, tumultuoso.
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