I lunghi viaggi della speranza
In occasione del suo settantesimo compleanno, Giuseppe Rigoni si regala e ci regala il migliore tra i suoi libri, quello che meglio rappresenta il suo intenso desiderio di raccontare e di raccontarsi: I lunghi viaggi della speranza è, come recita il sottotitolo, un'autobiografia. Rigoni vi ha aggiunto l'aggettivo "romanzata" non tanto perché vi sia qualcosa di non vero in quello che racconta, quanto perché racconta una vita così ricca di episodi, di drammi, di cadute e di resurrezioni, da sembrare una fiction. Una vita complessa, in cui il protagonista è spesso costretto a ricominciare da capo, a tirarsi su le maniche, a ricostruirsi il futuro, capace ogni volta, come l'indomabile Rossella O'Hara di "Via col vento", di dire che "domani è un altro giorno". Una speranza nel domani che però non ha nulla del cinismo dell'eroina del romanzo della Mitchell, ma che invece è frutto di scelte sofferte, di dubbi continui, di riflessioni su tutti i perché del mondo. Nel libro, come nella vita di Rigoni, domina il tema del viaggiare e spesso le profonde riflessioni dell'autore sul mondo che cambia avvengono in treno, con il sottofondo cadenzato dello sferragliare dei vagoni sulle rotaie, un ritmo monotono che in ogni momento ricorda come il tempo passi e non ritorni. Non è questa la sede per raccontare tutti i "viaggi della speranza" anche perché basta immergersi nella lettura per partire assieme all'autore. Anticipiamo però che grande spazio nel libro lo ha la città svizzera di Solothurn, dove l'autore ha a lungo vissuto da emigrato, trovando qualche ostacolo, ma anche tanta solidarietà. E una particolare attenzione la merita tutta la parte finale del libro: viaggi nel deserto africano, voli militari, segreti strategici, un romanzo nel romanzo che, anche alla luce degli eventi della stretta attualità, diventa quasi profetico.
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