Le Rosarno d'Italia. Storie di ordinaria ingiustizia
È il 7 gennaio 2010 e l'Italia, complice un lungo ponte, è ancora immersa nel clima natalizio. A Rosarno un giovane togolese che sta tornando all'ex Opera Sila, fabbrica dismessa e fatiscente sulla strada per Gioia Tauro, dove dorme e si ripara dal freddo assieme ad altri 900 immigrati, viene raggiunto da alcuni colpi sparati da una pistola ad aria compressa. Poco dopo, vicino alla ex fabbrica Rognetta, altri due ragazzi africani vengono raggiunti da colpi esplosi con ogni probabilità dalla stessa arma. Una bravata? Un gesto intimidatorio? In ogni caso si tratta dell'ennesima violenza contro i braccianti neri. La notizia dell'accaduto si diffonde rapidamente. In un attimo la collera tracima e si trasforma in un fiume incontenibile. Le immagini della rivolta di Rosarno fanno il giro del mondo, la questione rimossa del lavoro nero e dello schiavismo ritorna attuale. I giovani africani che mettono a ferro e fuoco il paese mostrano che c'è un limite oltre il quale gli esseri umani, dotati o meno di permesso di soggiorno, non possono subire. Da allora il nome Rosarno è stato usato anche per indicare le altre situazioni di ingiustizia e/o sfruttamento a rischio di esplosione. Rosarno sono le altre polveriere. Stefania Ragusa racconta il suo viaggio tra le meno conosciute Rosarno del Nord: dal civile Trentino, alla ricca Lombardia, alla rossa Emilia e alla colta Toscana.
Al momento non disponibile, ordinabile in 3 settimane circa