Il discorso sospeso. Sul corpo dell'arte
L'arte ha un corpo? Rispondere in senso affermativo ad una domanda come questa, che si affaccia sulla ribalta di due millenni e più di platonismo, significherà necessariamente riconoscere che questo stesso corpo è occupato dallo spazio dell'opera una volta che si sono individuati i suoi limiti nel segno. Ma, fare questo, significherà pure far sì che l'arte diventi il campo libero di quella disciplina regionale che è la critica d'arte, la quale non riconoscerà altro approccio verso l'opera al di fuori di quello che trovi al di fuori del suo esito nel trionfo dell'ocularità. Ed è proprio a partire da una messa in questione del parametro della visione che Dario Giugliano, restituendo la legittimità dell'esercizio della lettura dell'opera d'arte alla riflessione filosofica, mostra quanto questo parametro funzioni esclusivamente nello spazio della sua contraddizione, del suo annullamento. In questo senso, affiora pure l'intima natura dell'approccio critico, di quel discorso critico sull'opera d'arte, che viene contemporaneamente obbligato ad un ripiegamento su se stesso, finendo per mostrarsi attraverso la propria sospensione. Pertanto, l'autore fa in modo che la sua stessa scrittura si confronti, mostrando la sua propria radice iconica, con le opere e gli scritti di artisti contemporanei come Asger Jorn, Stelio Maria Martini, Mario Persico, Lucio Saffaro e Jean Tinguely.
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