Lettere e scritti
Per un singolare contrappasso, Pierre-Auguste Renoir è noto oggi soprattutto come pittore impressionista, mentre all'impressionismo dedicò solo una parte della sua vita di artista. Della pittura en plein air fu, verso il 1863, uno dei fondatori, con Monet e Bazille, ma già alla fine degli anni Settanta considerava quella esperienza esaurita, un vicolo cieco. Dopo di allora continuò a dipingere per altri quarant'anni, superando le premesse impressionistiche, anzi negandole, in nome di un classicismo di cui nel nostro secolo è stato uno dei precursori. Basta osservare il suo percorso pittorico per capire come Renoir, per primo, abbia avvertito i limiti della tendenza espressiva che aveva contribuito a creare. Quello che rimane costante, in tutta la sua opera, è un indiretto atto d'accusa nei confronti di quell'intelligenza che non nasce dall'istinto e non si risolve nell'esistere. Per questo dipingeva fiori, prati, bambini e soprattutto donne. Per Renoir non la storia, ma la natura era magistra vitae. E ogni forma di cultura, o di ragionamento, era per lui un inganno, un decadimento rispetto alla sapienza originaria che non è contenuta nei libri, e che è la sola che conti. Ma non bisogna equivocare. Renoir fu in realtà un pittore-intellettuale incontentabile e inappagato, costantemente insoddisfatto dei suoi esiti. Le sue riflessioni sull'arte e soprattutto le sue lettere (che dal 1865, l'anno delle prime ricerche impressioniste, giungono sino al 1918, pochi mesi prima della sua morte) testimoniano questa ansiosa ricerca. E inondate di luce come sono, la luce di Cagnes e della Provenza, riverberano sulle pagine una parte di quella luminosità e di quella vita che Renoir ha sempre racchiuso nei suoi quadri.