L'Unesco e il campanile. Antropologia, politica e beni culturali in Sicilia orientale
Questa etnografia indaga i modi di costruire un sentimento di appartenenza comunitaria, i processi e le forme di manipolazione dello spazio pubblico, culturale e amministrativo in Sicilia, connettendo ambiti di riflessione importanti nelle antropologie della modernità. Da un lato, infatti, si fonda su una prolungata etnografia di una cittadina della Sicilia sud-orientale i cui abitanti fanno del radicamento al passato un aspetto connotante il proprio prestigio culturale e politico, e sulla frequentazione di un'area (la Sicilia sud-orientale interna) in cui tale attitudine contribuisce a definire un campo politico-intellettuale particolarmente conflittuale. D'altra parte, fa propria la tendenza, sempre più marcata in antropologia, a decostruire e a rendere problematica la nozione stessa di 'luogo', analizzando i processi di istituzionalizzazione e oggettivazione della cultura, centrali tanto nel funzionamento delle macchine amministrative degli stati contemporanei, quanto nell'operare di agenti e forze di carattere transnazionale e globale. Lo sguardo dell'etnografo si posa dunque su oggetti (statue, edifici, chiese, tombe, carte d'archivio), pratiche (la produzione di falsi, la realizzazione di manifestazioni culturali) e poetiche dello spazio/tempo. In questa indagine dei rapporti tra campo religioso-cerimoniale, campo politico e campo intellettuale, oltre a parlare di identità locali, l'autore mostra, attraverso l'interpretazione di specifiche situazioni ed eventi - un festival storico o una campagna di scavi -, come le forme di costruzione di un sentimento di appartenenza locale vadano connesse ai processi intellettuali, politici, sociali ed economici di portata più ampia.
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