Agalma (2003). 5.Magnificenza e mondo classico
Tra le nozioni estetiche che, come il grande stile, la distinzione e il lusso, hanno intrattenuto un rapporto stretto con la vita economica e sociale, la magnificenza è stata quella più trascurata. Non si tratta di un termine generico, ma piuttosto carico di una pregnanza teorica e artistica che si è pienamente manifestata nell'età classica. La sua storia e la sua natura toccano alcune corde profonde della sensibilità occidentale, quali la richiesta di riconoscimento e di apprezzamento, la relazione tra dimensione estetica e istanze etiche e politiche, la lotta per l'egemonia tra classi, ceti, gruppi sociali e individui, la competizione per il primato tra le varie parti in cui si articola il sistema delle belle arti e perfino il rapporto tra l'umano e il divino. La magnificenza appare così come un campo di battaglia in cui si affrontano non solo i vari modelli di differenti culture, ma anche quelli operanti all'interno di ogni singola cultura. Questo numero monografico di "Agalma" prende in esame i momenti fondamentali della formazione di questa nozione nel mondo classico, cominciando dalla magnificenza filosofica che da Platone è stata strettamente legata alla speculazione teorica. Accanto a essa si è tuttavia subito manifestata una specie di 'magnificenza nera', cioè rivolta verso il male, che è stata impersonata da Alcibiade. Nell'opera degli storici (Erodoto, Senofonte) la magnificenza indica lo splendore in grande e può appartenere anche alle donne e ai popoli non ellenici. Aristotele accentua invece l'aspetto etico della nozione, dando inizio a un movimento di interiorizzazione dell'eccellenza filosofica che si radicalizzerà nelle filosofie ellenistiche. Grandissima è l'importanza della magnificenza nel mondo romano in cui diventa simbolo e chiave della lotta per il potere. Non meno rilevante è l'aspetto stilistico e letterario di questo ideale estetico che veniva attribuito alla divina Saffo e allo storico Tucidide. Successivamente la magnificenza diventa un termine specifico della critica d'arte, applicato all'architettura da Vitruvio e molti secoli dopo da Piranesi, l'ultimo autore in cui la parola conserva il suo significato antico, prima di essere soppiantata dalla volgarità del lusso.
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