Sulla natura dell'io conoscente
Chi sono io, in quanto soggetto conoscente, un'anima o un cervello? Sto ora guardando l'estesa volta del cielo. Quello che vedo, o, meglio, ciò in cui consiste tale vedere (vale a dire un'immagine sensibile, concreta, se si vuole, un'impressione recepita dal senso della vista), mi è presente e, perciò stesso, mi appartiene. Mi chiedo: può esso costituire qualcosa che mi è dato, che è da me ricevuto? Sicuramente no. D'altra parte, se ciò che vedo fosse qualcosa a me esterno, non potrei certo averlo raggiunto per essere uscito fuori di me. E perché avrei fatto emergere dal mio fondo quello che vedo, avendo l'esigenza che esso segni la presenza di "cose" a me esterne? Il lavoro intende dare a tali interrogativi la sola possibile risposta.
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