Il diritto al confronto con l'accusatore
La riflessione giusnaturalistica suggerisce di interpretare la garanzia riconosciuta all'imputato di confrontarsi con il proprio accusatore quale diritto fondamentale dell'uomo. Nato e sviluppatosi nella tradizione processuale anglo-americana, tale diritto è stato successivamente "esportato" nella cultura giuridica dei Paesi di ispirazione inquisitoria. Attraverso un'indagine svolta anche in prospettiva storica e comparatistica, il presente lavoro illustra i contenuti precettivi del diritto al confronto, sottolineando come esso non possa soccombere di fronte all'invocazione dell'interesse pubblico e della difesa sociale. Fulcro dell'originale ricostruzione è l'individuazione delle figure dei testimoni "assenti", "anonimi" e "vulnerabili", al cui sapere probatorio nessun ordinamento positivo ha mai interamente rinunciato, pur nell'evidente tensione con i valori sottesi al right to confrontation. Le riflessioni sono calate nell'analisi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e, ovviamente, dell'assetto normativo tracciato dal codice di procedura penale, all'indomani dell'inserimento del diritto al confronto tra le garanzie costituzionali di un processo penale "giusto". La garanzia soggettiva in questione diviene cosi strumento di lettura e interpretazione sistematica delle regole probatorie concernenti i contributi testimoniali d'accusa, qualunque sia il veicolo formale (deposizione dibattimentale, lettura/acquisizione di verbale, testimonianza de relato, acquisizione documentale) mediante il quale essi sono introdotti nell'orizzonte cognitivo del giudice penale
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